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Via di Tor Bella Monaca e i distributori di carburanti

La questione dei tre distributori di carburanti su via di Tor Bella Monaca non può essere ridotta al solo rispetto delle normative di sicurezza dal rischio incendio, ma va considerata a 360 gradi sotto i profili urbanistici e ambientali che determinano poi la vivibilità e correlata qualità di vita delle aree residenziali circostanti.

I tre distributori probabilmente rispetteranno le normative di sicurezza come quelle riferite alla distanza minima dalle abitazioni, ma sicuramente tali normative non tengono in minimo conto:

  1. né dell'inquinamento atmosferico prodotto da COV,
  2. né dell'inquinamento acustico prodotto dai compressori di gas per autotrazione (per i quali occorrerebbero distanze ben maggiori),
  3. né dell'opportunità urbanistica della loro installazione,
  4. né del maggior irraggiamento termico dovuto alla sostituzione di un'area verde con un'area cementata.

Vogliamo porre sul tavolo (visto che neanche sono riposti in qualche cassetto) una serie di problemi che una pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e del bene comune (e non dell'automobile) non può eludere soprattutto se animata da principi di sostenibilità, qualità della vita e sicurezza, oggi più che mai irrinunciabili.

Via di Tor Bella Monaca non deve essere vista come un'autostrada dove installare accoppiati in entrambi i sensi di marcia grandi distributori di carburanti. Via di Tor Bella monaca è una via urbana che già costituiva, per una parte dei residenti dell'omonimo quartiere, una fonte di inquinamento acustico e atmosferico. Aggiungervi e sommarvi ulteriore inquinamento e traffico indotto con l'installazione dei distributori di carburante non ne fa un esempio di buon governo del territorio urbano.

Le periferie vanno pensate e costruite in funzione dei cittadini e del loro futuro, non dell'automobile o altri interessi.

C'è da chiedersi se una qualunque opera pubblica o privata che sia possa mai essere autorizzata e realizzata a prezzo dell'invivibilità, o comunque di una diminuita vivibilità e sicurezza ambientale, di un'area urbana residenziale anche se limitata.

 

Roma già nel 1994 aveva sottoscritto la carta di Aalborg, ma forse poi se ne è dimenticata.

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